India
Faccio un tiro, trattengo il dolce fumo e rifletto.
La notte è scesa da tempo e mi ritrovo a confrontarmi con le stelle.
I rumori della città sono smorzati al sesto piano di questo "stupido stupido hotel".
I clacson scandiscono il tempo e impostano il ritmo frenetico delle stradine.
Corriamo.
Finiamo per essere occidentali anche qui in oriente.
Quest’India andrebbe vissuta a passo d’uomo,
incrociando sguardi e sorrisi e non osservando il tutto da dietro un finestrino.
Ma continuiamo a macinare chilometri, uno dietro l’altro,
attraversiamo villaggi di povertà rimanendo fermi sull’auto dell’indifferenza
e realizziamo che seppur vivendo sullo stesso pianeta, siamo così lontani.
Lontani nelle usanze, nei linguaggi e nel modo di vivere la vita di tutti i giorni.
Nasci dall’altra parte del mondo e invece della tutina nuova ti ritrovo avvolto in fasce.
Le mucche sacre rispecchiano l’animo dell’indiano medio.
Persone pacifiche e mansuete, dedite alla vita e al saperla condividere.
Persone prive di ambizioni ma allo stesso tempo prive di invidia,
dove quello che è mio può essere anche tuo.
Non debbono seguire nessuno schema, nessuna carriera da scalare o successo da raggiungere
facendo si che la vita corra lenta giorno dopo giorno, masala dopo masala.
Siam diversi, forse fin troppo diversi.
“Ci guardano come noi guardiamo i cammelli”.
Ma qua siamo noi quelli in minoranza, “bianchi in una terra nera”.
Induismo o Islam, non importa. L’indiano crede e ci crede. La religione
finisce per essere tutto, per queste persone che hanno ben poco da stringersi a se.
Dei ricordi lontani mi riaffiorano alla mente, immagini di un viaggio alle porte del mondo.
Faccio un altro tiro, il fumo si fonde allo smog e svengo.